Introduzione

La terapia canalare del dente mono o pluriradicolato è ad oggi suddivisa in quattro fasi: si parla infatti di alesaggio, disinfezione, otturazione del canale radicolare e ricostruzione post-endodontica dell’elemento dentario. La ricostruzione del dente ha negli anni acquisito moltissima importanza avendo dimostrato alcuni autori che il restauro coronale ha un ruolo fondamentale nell’evitare che i microorganismi presenti nel cavo orale possano ricolonizzare lo spazio endodontico o che i fluidi orali o il materiale organico possano in qualche modo supportare i microorganismi che non sono stati rimossi completamente. Numerosi studi hanno evidenziato che esistono differenti microorganismi provenienti dal cavo orale, quali per esempio Prevotella intermedia, Porphyromonas gingivalis, Streptococcus viridans, Staphylococcus sp. e Enterococcus faecalis, che possono essere responsabili del fallimento endodontico. Marchall e Massler furono i primi, nel 1961, ad ipotizzare una possibile correlazione fra l’infiltrazione coronale e l’insuccesso endodontico nel loro studio su denti estratti trattati endodonticamente. L’interesse sulla microinfiltrazione successivamente crebbe enormemente, tanto che negli anni 80, il 20% degli articoli pubblicati sul Journal of Endodontic, trattavano questo argomento.

 

Caratteristiche e limiti dell’otturazione provvisoria

Per evitare la reinfezione del canale radicolare durante e dopo il trattamento e per migliorare di conseguenza la prognosi dell’elemento, è fondamentale eseguire una corretta otturazione provvisoria: è importante ricordare infatti che tra due appuntamenti consecutivi di una terapia canalare, in caso per esempio di una medicazione intracanalare o successivamente all’otturazione del canale radicolare, quando non è possibile eseguire una ricostruzione definitiva, è essenziale eseguire una buona otturazione provvisoria. Si riporta infatti in letteratura che, se non si esegue una corretta otturazione provvisoria, il 79-85% dei canali otturati endodonticamente può andare incontro a reinfezione in un arco di tempo compreso tra i 3 e i 56 giorni, o che si può verificare una infezione di S. epidermidis in 19 giorni e di P. vulgaris in 42 giorni.

Un materiale da otturazione provvisorio è considerato un buon materiale quando dimostra di avere un buon adattamento marginale, di non essere poroso e di non subire cambiamenti dimensionali durante gli sbalzi di temperatura, di avere una buona resistenza all’abrasione e alla compressione, deve essere semplice da inserire e da rimuovere, compatibile con i materiali da medicazione ed esteticamente accettabile.

L’otturazione provvisoria in endodonzia svolge un ruolo importante nella protezione del dente tra le varie fasi del trattamento, tuttavia ha alcuni limiti che è importante considerare. I restauri con materiali provvisori dopo il trattamento endodontico dovrebbero essere utilizzati solo in specifiche situazioni cliniche e comunque, quando utilizzati, mantenuti in sede per un periodo di tempo limitato poiché la loro efficacia nel prevenire le microinfiltrazioni marginali a partenza dal cavo orale è significativamente inferiore rispetto a quella dei materiali definitivi. Per cui è importante dopo aver completato il trattamento endodontico effettuare il restauro definitivo del dente trattato endodonticamente entro poche settimane, il prima possibile per minimizzare i rischi e garantire il miglior risultato di successo della terapia a lungo termine. Le otturazioni provvisorie possono non sigillare perfettamente come le otturazioni definitive, per questo è necessario uno spessore minimo di materiale di almeno 4 mm per garantire un efficace barriera che impedisca il distacco del materiale stesso dalle pareti camerali durante gli atti masticatori con conseguente perdita di sigillo e penetrazione di batteri e contaminanti, che potrebbero causare infezioni o ulteriori danni all’elemento dentale. Magura et al. (1991) hanno riportato che la flora orale può ricontaminare il sistema dei canali radicolari anche qualora sia presente un materiale da restauro provvisorio. Altri studi hanno valutato il tempo necessario per la penetrazione batterica della radice dopo il trattamento endodontico e, in assenza di un materiale da restauro provvisorio (Torabinejad et al. 1990, Khayat et al. 1993, Gish et al. 1994). Khayat et al. (1993), hanno valutato che il tempo necessario affinché i batteri presenti nella saliva umana riescano a contaminare l’intera lunghezza della radice in canali precedentemente otturati è di circa 25 giorni a seguito di condensazione verticale della guttaperca e circa 28 giorni per la condensazione laterale. Dai loro risultati vi è indicazione ad eseguire sempre il ritrattamento endodontico in quei casi in cui l’otturazione canalare sia rimasta esposta ai fluidi orali per almeno tre mesi. Un ulteriore limite dell’otturazione provvisoria è sicuramente la sua poca resistenza, che può portare a fratture più o meno importanti dell’elemento dentale trattato endodonticamente tra le varie sedute, quando il dente è sottoposto ad uno stress meccanico eccessivo. È necessario pertanto proteggere l’elemento dentale con un abbassamento cuspidale o un rimodellamento occlusale nei casi in cui la struttura dentale residua, dopo l’eliminazione del tessuto carioso o a seguito di un trauma, sia ridotta.

Nonostante l’approccio “single visit” al trattamento endodontico abbia dimostrato molteplici vantaggi, la scelta di eseguire la terapia in più sedute è ancora molto frequente. Proprio in questi casi, una sbagliata esecuzione del restauro provvisorio, può ridurre notevolmente la percentuale di successo dell’endodonzia. Proprio per questo e per evitare re-infezioni durante o dopo il trattamento, il posizionamento di un sigillo coronale adeguato è altamente consigliato.

I materiali a disposizione sono molteplici (solfato di calcio, vetro-ionomero, composito e cementi ZOE rinforzati), ma l’importante è saperli manipolare ed utilizzare al meglio. Scegliere un materiale con il solfato di calcio, e lasciarlo in situ per più di 14 giorni è un grave errore. Esso infatti, dopo le prime due settimane, perde la capacità di assorbire acqua (caratteristica che lo rende molto idoneo al sigillo poiché si espande), diventando successivamente poco stabile con conseguente perdita del sigillo.

All’interno della camera pulpare, sotto il materiale da sigillo temporaneo è indicato il posizionamento di un materiale non attivo biologicamente, quindi sarebbe il caso di evitare pellets di cotone, poiché le loro fibre possono veicolare sostanze organiche dall’ambiente orale allo spazio endodontico. Il materiale di elezione da posizionare all’interno della camera pulpare è il PTFE (politetrafluoroetilene), grazie al fatto di essere inerte, biocompatibile, facile da manipolare e con un basso costo.

 

Conclusioni

La persistenza di un’otturazione provvisoria dopo trattamento endodontico espone il dente al rischio di infezione o reinfezione del sistema endodontico e aumenta la probabilità di frattura corono-radicolare, anche grave e incompatibile con il mantenimento dell’elemento.

 

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